Ieri sera

Guido. Senza un posto da raggiungere e lentamente tanto da scrutare facce che in un altro momento forse riconoscerei. Qualcuno fa un cenno con la mano, qualcuno lampeggia dalla sua auto. Rispondo per inerzia e per cortesia ma non ho la più pallida idea di chi si tratti e neanche mi interessa saperlo. Al porto c'è un posto di controllo della polizia. Mi fermano -"Buonasera, favorisca patente e libretto"- il poliziotto mi osserva per un attimo la faccia, questa stupida faccia da buono che ho da sempre. Potrei trasportare un carico di droga, non gli verrebbe mai il sospetto. Mi restituisce i documenti e riparto con il bagagliaio pieno di preoccupazioni ed i miei pensieri ancora tutti attorcigliati nella testa che mi danno la sensazione di stare indossando un cappello di dieci chili. La strada è vuota e la musica è buona. Ho bisogno di staccarmi per qualche minuto dal mondo e capire cosa succede e cosa mi succede. Ho sempre avuto le idee chiare ed ho sempre deciso ed agito. L'ho fatto fino a pochi giorni fa, poi qualcosa mi ha improvvisamente bloccato e, nonostante fossi convinto di conoscere chiaramente direzione da prendere, le cose da fare e quelle da evitare con tanto di come e di perchè, ho cominciato a capirci veramente poco perchè per me il detto latino ubi major, minor cessat in certi casi va seguito senza dubitare un solo secondo ed è questo che ho fatto senza neanche accorgermene. Il fatto è che io sono uno che non fa calcoli ma segue quello che si sente a prescindere dal momento e da quelli che possono essere gli impulsi; questo se da una parte mi ha forgiato in modo da non farmi mai trovare impreparato ai cambiamenti improvvisi, dall'altra mi mette troppo spesso faccia a faccia con cose che una persona meno sensibile neanche prenderebbe in considerazione. Continuo a guidare e non mi capacito di come posso aver fatto tutta questa strada. Poi guardo l'ora e capisco che è già più di mezz'ora che vago ma non ho sciolto molti nodi. Mi fermo in un posto che mi piace, avrei voglia di scrivere qulcosa su quel block-notes che ho messo appositamente nel portaoggetti ma ho la netta sensazione che scriverei qualcosa di banale del tipo "lacrime e sangue" e quindi desisto. Cerco di rilassarmi ascoltando purple rain che nel mio mp3 non può mai mancare ma niente da fare, la capoccia non ne vuol sapere di razionalizzare. Poi finalmente qualcosa scatta e un pò di cose sembrano incastrarsi bene, altre continuano a martellare ma non si può avere tutto. Fisso un perno: la mia felicità. E su questo deve basarsi tutto il resto e tutte le mie azioni anche se azzardate o difficili da accettare; questo è il segreto che già conoscevo e che ogni tanto metto da parte perchè ho il "brutto vizio" di avere cura delle persone che amo fregandomene di tutto, me compreso. E se questo fa di me una persona migliore o peggiore non posso essere io a stabilirlo e neanche ci penso a farlo. Faccio un respiro profondo, finalmente. Accendo la macchina e mi avvio verso casa con i neuroni un pò più ordinati ma con ancora tante preoccupazioni da portarmi dietro. Quelle non mi illudevo di scaricarle o di abbandonarle lungo la strada perchè ce le ho attaccate alle ossa e per farle sparire devono consumarsi e devo essere sicuro che tutto vada bene, cosa di cui oggi come oggi non sono assolutamente convinto. Perchè, nonostante tutto, non riesco a fare a meno di pensare che c'è qualcosa di più importante a cui dare priorità adesso. La mia felicità, qualunque essa sia, può aspettare ancora un pò...

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